Lavori in casa senza permesso, c’è ancora incertezza su alcune opere
L’elenco dei 58 lavori in casa che si possono fare senza permesso (il glossario per l’edilizia libera) è entrato in vigore lo scorso aprile. Ma i suoi effetti sono proiettati a ritroso e riguardano tutti gli interventi che ricadono sotto l’ombrello del Testo unico dell’edilizia del primo gennaio 2002. Eppure, ancora non è stato sgomberato il campo da contestazioni.
Questo è l’aspetto più rilevante emerso dall’azione della giurisprudenza nei primi mesi dall’entrata in vigore delle nuove regole, studiate proprio per chiarire il perimetro di utilizzo dei “titoli abilitativi”: le autorizzazioni necessarie per effettuare interventi edilizi.
Così, per chiarire le ambiguità del Testo unico edilizia e per unificare le posizioni dei comuni che offrivano interpretazioni contrastanti, chiedendo permessi diversi per lo stesso intervento, il precedente governo ha deciso di intervenire per stabilire cosa è possibile fare nei diversi casi.
Ma, nel frattempo, il Tar Lazio, con la sentenza 7014 del 22 giugno, ha analizzato il caso di una pergotenda, realizzata in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico, della quale era stata ordinata la demolizione a ottobre del 2016.
Per qualificare quell’intervento si può però utilizzare l’elenco in vigore da aprile 2018, considerandolo «comunque applicabile alla presente fattispecie». Questo perché si tratta di «un elenco di natura interpretativa», che serve a chiarire su norme già esistenti e quindi, in qualche modo, ha effetti anche sul passato.
Mentre il Consiglio di Stato, con la sentenza 2715 del maggio 2018, ha spiegato che, nonostante l’azione di semplificazione del glossario, resta ancora spazio per una certa dose di incertezza nel realizzare alcuni interventi.
Anche il caso in questione esaminava una tettoia, realizzata su un terrazzo di un’abitazione senza avere il permesso e, quindi, contestata dal Comune. Una copertura leggera può essere realizzata senza permessi, mentre una tettoia di «particolari dimensioni» ha bisogno del titolo edilizio più gravoso, il permesso di costruire quando, ad esempio, viene modificata la sagoma del fabbricato.
Proprio per questo il Consiglio di Stato ha affermato che: «Non è possibile affermare in assoluto che la tettoia richiede, o non richiede, il titolo edilizio maggiore e assoggettarla, o non assoggettarla, alla relativa sanzione senza considerare nello specifico come essa è realizzata». Tutto, quindi, dipende dai dettagli dell’intervento.
Il Comune, in ogni caso, «ha l’onere di motivare in modo esaustivo» un’eventuale decisione di rimozione dell’intervento realizzato, «attraverso una corretta e completa istruttoria che rilevi esattamente le opere compiute e spieghi per quale ragione esse superano i limiti entro i quali si può trattare di una copertura realizzabile in regime di edilizia libera».
Recentemente si sono succedute molte sentenze sul tema e confermano che quella delle coperture resta, nonostante il glossario, una materia ad alto rischio di contestazioni. Lo ha ribadito il Tar Campania con la decisione 4529 del 9 luglio scorso.