Dopo un po’ di confusione generata tra i contribuenti negli ultimi anni, dal 2016 è stato stabilito che tutte le abitazioni principali sono esonerate dal versamento di Imu e Tasi, le imposte che, assieme alla Tari, compongono la IUC, l’imposta unica comunale. Va precisato che vengono trattate allo stesso modo anche le cosiddette pertinenze, vale a dire gli immobili classificati con le categorie catastali C2, C6 o C7, ovvero box, cantine, posti auto o solai, fino a un massimo di un’unità per ciascuna categoria catastale. A partire dall’anno scorso, perciò, entrambe le tasse sono dovute solo per chi possiede una seconda casa, oppure nel caso in cui – pur risultando come principale – l’abitazione dovesse rientrare tra le dimore di lusso ed è quindi accatastata come A1 (abitazioni signorili), A8 (ville) oppure A9 (castelli).
I termini per il saldo scadono il 18 dicembre. I termini per il versamento della prima rata sono scaduti lo scorso 16 giugno ed ammontavano al 50% di quanto dovuto per ciascun immobile. Chi non dovesse averlo fatto, può provvedere al versamento della prima rata utilizzando il cosiddetto ravvedimento lungo. Si tratta di una modalità che permette di versare l’imposta dopo il 90° giorno di ritardo rispetto alla scadenza, ma comunque entro i termini dell’anno di riferimento, con l’aggiunta di una sanzione fissa che viene ridotta dall’ordinario 15% al 3,75%. Per provvedere al pagamento della seconda e ultima rata, invece, c’è tempo fino al 18 dicembre, dato che il 16 cade di sabato e la scadenza è stata prorogata al lunedì. Per quanto riguarda le aliquote, sono rimaste invariate rispetto al 2016, ma ciascun Comune ha avuto un certo margine di autonomia per decidere se ridurle (ma non di aumentarle). Sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze è possibile effettuare una ricerca del proprio Comune per conoscere regolamenti e aliquote deliberati in fatto di IUC.
Come calcolare quanto dovuto ed effettuare il versamento. Per sapere quanto dobbiamo pagare è disponibile un servizio sul sito Riscotel che, previo l’inserimento dei dati come la rendita catastale dell’immobile e il Comune in cui è situato, riesce a calcolare quanto dovuto per ogni singola unità abitativa. Entrambe le imposte devono essere versate mediante modello F24 che si compila automaticamente dopo aver effettuato il calcolo online su Riscotel e selezionando la voce “Stampa F24”. In alternativa è possibile farlo presso la propria banca (anche online), negli uffici postali o rivolgendosi agli intermediari come Caf e commercialisti. È importante ricordare che, nel caso in cui l’importo dovuto per l’intero anno (quindi non per singola rata) è uguale o inferiore a 12 euro, il versamento non deve essere effettuato.
Cosa succede nel caso di appartamenti in affitto? Trattandosi di una tassa relativa alle proprietà, l’Imu è comunque dovuta anche nel caso in cui le case vengano date in affitto, sulla base delle aliquote deliberate dal Comune. Diverso è il discorso per la Tasi, specie se chi ha preso la casa in affitto la utilizza come abitazione principale o meno. Nel primo caso, avendoci trasferito la residenza, non deve versare nulla. Se, viceversa, l’immobile preso in affitto non risulta come abitazione principale, il proprietario versa l’imposta per una percentuale che, a seconda di quanto ha stabilito il Comune, può variare tra il 70 e il 90% dell’intero importo e il restante deve essere saldato dall’inquilino. Ricordiamo che, in caso di locazione temporanea di durata non superiore a sei mesi nel corso dello stesso anno, la Tasi deve essere versata interamente dal proprietario dell’immobile.